Dove tutto ebbe inizio…

 

Chi siamo noi?

 

La Cerca del 100 giorni è nata come un’attività proposta dall’Equipe de Il Friar di Monza. Il Friar è un’attività che rientra all’interno di un progetto della Pastorale Giovanile dei frati minori del Nord Italia. L’Equipe, composta da 15 ragazzi, è mossa dal desiderio di incontrare, e far incontrare, i giovani in un ambiente bello e sano. Sull’esempio dei pub anglosassoni, davanti ad una birra, vengono proposte serate piacevoli nelle quali sono presentati laboratori, giochi e musiche alla luce di una tematica scelta dall’Equipe. Le serate confluiscono in un momento finale in cui i partecipanti possono assistere ad una “pillola di catechesi” che tira le fila della serata.
L’Equipe quindi si offre anche come occasione per un primo incontro con la Parola.

 

Come nasce l’idea de La Cerca dei 100 giorni?

 

Il desiderio che ha mosso l’Equipe è stato quello di continuare a proporre, in tempo di pandemia, luoghi di incontro e di gioco nel rispetto delle regole. Si è pensata, perciò,ad una modalità ludica online, che potesse mettere in relazione e stimolare i partecipanti.
L’obiettivo di questa Cerca è stato di far maturare nei giovani una maggiore cura per la realtà in cui sono immersi: seguendo i principi illustrati nell’enciclica “Laudato sì” di Papa Francesco, ovvero l’ecologia integrale e  la cura per il creato.

Come si è svolta la Cerca dei 100 giorni …

La Cerca è iniziata a novembre e si è conclusa a febbraio, come si evince dal nome, è durata 100 giorni. Centinaia di ragazzi e ragazze si sono iscritti a questa iniziativa del Friar da cui sono nate 38 squadre. I gruppi hanno raggiunto le quattro tappe previste, affrontando, di volta in volta, numerose prove. Le proposte sono state varie e di diversa natura: dalla creazione di un presepe con materiali di riciclo, il calcolo della propria impronta ecologica, travestimenti, canzoni, storie, ricette con materiali di scarto e tanto altro. I partecipanti si sono messi in gioco e hanno maturato, grazie al percorso una maggiore consapevolezza di come si abita il mondo. In questi 100 giorni si sono svolte quattro serate nelle quali i giocatori hanno ricevuto i feedback sulle prove realizzate nei gruppi. Di volta in volta, sono stati assegnati dei punteggi per le prove ed è stata stilata, quindi, una classifica per decretare i vincitori. Al termine della Cerca sono stati, inoltre, distribuiti ai partecipanti e alle squadre vincitrici ricchi premi ecologici e nel rispetto dei principi dell’economia integrale.

Ogni serata ha avuto come sfondo integratore una particolare tematica della Laudato sì, celata nelle prove e successivamente ripresa e sviscerata in serate testimonianze con ospiti d’onore che hanno aiutato, attraverso l’esempio delle loro vite, a comprendere meglio l’argomento. Attraverso l’enciclica Papa Francesco descrive la crisi che stiamo vivendo – una crisi sociale e ambientale, ma anche etica, culturale e spirituale – e ci pone una domanda: che mondo lasciamo a coloro che verranno dopo di noi? Il Papa ci invita ad agire dal basso: piccole azioni quotidiane che permettono di avviare processi. La sua proposta si traduce non in una risposta parziale alle problematiche che stiamo vivendo, ma in uno sguardo diverso, più ampio: un’ecologia integrale, intesa come ambientale, sociale ed economica.

LO SGUARDO (D)ALLE PERIFERIE e LA CULTURA DELLO SCARTO – 1 tappa

DIARIO DI BORDO:
Scendete a terra, la spiaggia è deserta, se non contate gli altri equipaggi che sono scesi poco prima di voi e quelli che ancora devono mettere piede sulla terraferma…
Entrate nelle profondità della foresta e subito, con vostro grande stupore, notate attorno a voi cumuli di rifiuti, la foresta non è incontaminata come sembra…eppure…ad un’attenta osservazione notate che non sono mucchi disorganizzati, qualcuno ha re-inventato gli scarti per creare bellissime opere d’arte: animali, piante tutte composte con la spazzatura che l’oceano ha trasportato.

La Cerca dei 100 giorni è nata dal desiderio di continuare a proporre Il Friar di Monza come luogo di incontro – con sé stessi, con l’altro e con la Parola – e allo stesso tempo di offrire degli strumenti, al fine di maturare maggior consapevolezza e cura per la terra, la nostra casa comune che come una madre ci accoglie. Gli strumenti e i principi seguiti sono quelli descritti da Papa Francesco nell’enciclica “Laudato sì”Il Papa ci invita a iniziare da piccoli cambiamenti quotidiani, piccole azioni, affinché nessuno possa sentirsi escluso o impotente di fronte al cambiamento che siamo chiamati a vivere. Ci viene indicata una direzione, non una soluzione “impacchettata”.

Il percorso che ci porta ad allargare lo sguardo per abbracciare la proposta di Papa Francesco – un’ecologia integrale, intesa come ambientale, sociale ed economica – inizia con uno spaccato sul nostro presente e sulla crisi che stiamo vivendo e che può essere definita sociale e ambientale, ma anche etica, culturale e spirituale:

“L’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme, e non potremo affrontare adeguatamente il degrado ambientale, se non prestiamo attenzione alle cause che hanno attinenza con il degrado umano e sociale. Di fatto, il deterioramento dell’ambiente e quello della società colpiscono in modo speciale i più deboli del pianeta: Tanto l’esperienza comune della vita ordinaria quanto la ricerca scientifica dimostrano che gli effetti più gravi di tutte le aggressioni ambientali li subisce la gente più povera.[…] (LAUDATO SI’, n° 48)

E’ tragico l’aumento dei migranti che fuggono la miseria, purtroppo c’è una generale indifferenza. La mancanza di reazioni di fronte a questi drammi è un segno della perdita di quel senso di responsabilità per i nostri simili. […] (LAUDATO SI’, n° 25)

Questo mondo ha un grave debito sociale verso i poveri che non hanno accesso all’acqua potabile, perché ciò significa negare ad essi il diritto alla vita radicato  nella loro inalienabile dignità”. (LAUDATO SI’, n° 30)

È proprio alle periferie che siamo chiamati a dare l’annuncio. Siamo chiamati a lasciarci guardare dalle periferie e chiederci: cosa possono insegnarci questi fratelli per imparare a prenderci cura della casa comune? 

Sulla base di queste domande, in questa prima tappa della Cerca, lanciando delle piccole provocazioni e allo stesso tempo mantenendo la natura ludica dell’iniziativa, è stato chiesto ai partecipanti di affrontare diverse sfide, tra cui presentare le loro squadre tramite foto, video o poesie e travestirsi da elementi della natura utilizzando il materiale presente in casa, senza sprecare nulla.

VALORE DI OGNI CREATURA E SENSO UMANO DELL’ECOLOGIA - 2 tappa

DIARIO DI BORDO:
La luce del sole si fa sempre più intensa ad ogni passo, vi state lasciando dietro il folto della foresta, sculture di “spazzatura” salutano il vostro passaggio.
Uscite dalla “Foresta dei Resti” e dopo poco davanti a voi una nuova sfida: un impetuoso fiume scorre veloce davanti a voi bloccando la strada.
Dovete in qualche modo superarlo, altri lo hanno attraversato lasciando le loro orme sulla riva ma sarà stata la scelta giusta…? Volete seguire le orme di altri o forse è meglio cercare altri guadi, lasciando altre orme, creando nuove strade?

Continuando a ragionare sugli spunti essenziali proposti da Papa Francesco ci imbattiamo più volte nel concetto

Continuando a ragionare sugli spunti essenziali proposti da Papa Francesco ci imbattiamo più volte nel concetto inalienabile del valore inestimabile di ogni creatura, sia essa un essere umano, un animale, un vegetale, o un qualunque altro componente degli ecosistemi terrestri. Ogni creatura, proprio perché creata, è degna di rispetto e di riconoscenza, possedendo in sé il senso intrinseco del creato e del suo Creatore, e (non da ultimo) interdipendendo necessariamente una dall’altra.

L’Ecologia proposta “nelle sue diverse dimensioni, integra il posto specifico che l’essere umano occupa in questo mondo e le sue relazioni con la realtà che lo circonda”; è pertanto da intendersi come armonia, comunione, attenzione alla destinazione dei beni comuni (intesi non come un possesso ma come un qualcosa che utilizzo per ciò che mi è necessario pensando a chi è accanto a me e verrà dopo di me). Perché non si può prescindere dall’Uomo e dall’umanità.

 

“Non ci sarà una nuova relazione con la natura senza un essere umano nuovo. Non c’è ecologia senza un’adeguata antropologia. […]
(LAUDATO SI’ n° 118) 

…ogni creatura ha una funzione e nessuna è superflua. […] 
(LAUDATO SI’ n° 84) 

… Per questo, possiamo essere testimoni muti di gravissime inequità quando si pretende di ottenere importanti benefici facendo pagare al resto dell’umanità, presente e futura, gli altissimi costi del degrado ambientale. […] (LAUDATO SI’ n° 36)

… Poiché tutte le creature sono connesse tra loro, di ognuna dev’essere riconosciuto il valore con affetto e ammirazione, e tutti noi esseri creati abbiamo bisogno gli uni degli altri. […] 
(LAUDATO SI’ n° 42)

un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale per ascoltare tanto il grido della terra quando il grido dei poveri. […] 
(LAUDATO SI’ n° 49)

…c’è bisogno di costruire leadership che indichino strade, cercando di rispondere alle necessità delle generazioni attuali includendo tutti, senza compromettere le generazioni future. […] 
(LAUDATO SI’ n° 53)”.

Ricordandoci quindi che ogni creatura ha una sua funzione e lo stesso altissimo valore e che le risorse sulla Terra sono finite e vanno gestite con uno sguardo agli altri e alle generazioni future, questa tappa de La Cerca dei 100 giorni ci ha fatti interrogare su quale e quanto grande sia il segno che lasciamo sulla terra, cioè che impronta ecologica abbiamo sulla base dei nostri stili di vita, tante volte dettati più da comodità ed abitudini che da motivate necessità.

Con l’aiuto di uno degli strumenti [1]online a disposizione ogni partecipante ha calcolato la propria impronta ecologica, ricevendo alla fine del test il numero di tonnellate di anidride carbonica immesse nell’ambiente con il proprio stile di vita.

Questo ci ha permesso di vedere concretamente in che modo abitiamo la Terra e di toccare con mano in che misura il nostro comportamento – ogni piccola cosa – influisca su di essa. E poiché si può migliorare solo ciò che si conosce e si misura, ma la presa di coscienza ci impone un cambio di rotta, il prossimo passo sarà per forza metterci in gioco per …fare la nostra parte!


[1] https://www.wwf.ch/it/vivere-sostenibile/calcolatore-dell-impronta-ecologica

VALORE DI OGNI CREATURA E SENSO UMANO DELL’ECOLOGIA - Incontro-testimonianza

La “cerca dei 100 giorni” è stata integrata con alcuni incontri-testimonianza. Lo scopo di questo metterci in ascolto di persone che concretamente agiscono nell’oggi, secondo alcuni criteri ribaditi anche da Papa Francesco nell’enciclica Laudato Sì, è allargare il nostro sguardo e interrogare il nostro presente. “Il valore di ogni creatura e il senso umano dell’ecologia” è uno dei temi che ci hanno accompagnato e interpellato.

L’ospite invitato a sviluppare il tema proposto è Vittorio Soana, un gesuita attualmente residente a Genova, psicologo e psicoterapeuta che da 40 anni cerca di rispondere, attraverso l’ascolto, a un malessere-sofferenza molto presente in questo tempo: la mancanza di speranza che si insinua nel cuore delle persone. La sua risposta a questi bisogni, raccontava Vittorio, è cercare di mantenere insieme l’integrità della persona, ossia il mettere in armonia ciò che sono pensieri, sentimenti e comportamenti del singolo in relazione a sé stesso, alla comunità e all’ambiente. Infatti, ribadisce Vittorio, tutti noi viviamo all’interno di una stessa casa, che è il mondo, che ci porta ad incontrare persone diverse da noi e un ambiente che ci è stato affidato.

L’ospite, nel pensare ad un accompagnamento spirituale, si è interrogato su come fosse possibile per una persona, all’interno del suo cammino da cristiano, poter tenere presente e lasciarsi interrogare anche dall’ambiente, per attuare così un’ecologia integrale. Vittorio si chiede: quali sono dunque le domande da porci per attuare tutto questo?

Si è parlato di come la conoscenza di sé non possa essere ridotta solo allo spazio interno: corpo (soma), mente (psiche) e spirito anche se quando mi relaziono con una persona incontro proprio queste tre dimensioni. All’interno delle relazioni si possono vivere anche dei disagi che influiscono sulla mente e sul corpo: somatizzazioni del corpo, giudizi (quello che dobbiamo fare ed essere) e disfunzioni mentali.

(…)

Oltre a questo siamo stati invitati a guardare la conoscenza di sé all’interno della relazione tra persone, comunità e ambiente dove all’interno di questo intreccio possono sorgere dei conflitti determinati da: competizione, sfruttamento dell’ambiente (di solito l’ambiente lo vogliamo possedere) e potere – controllo che si vuole avere sulle cose e su quello che si fa.

(…)

 

Infine, si è giunti a considerare l’ecologia integrale come una struttura relazionale che necessita di essere in armonia. Se non si è all’interno di questa armonia si creano difficoltà individuali, comunitarie e ambientali. Pertanto è stata considerata l’importanza dell’armonia tra i sistemi della mente (pensieri, sentimenti e comportamenti) e la connessione evolutiva di linee come la verità di sé, la libertà e il dono. Riassumendo, parlare di ecologia integrale significa creare sia un’armonia interiore in noi che un costituire, un connettersi nell’evoluzione di linee per fare verità (non solo su sé stessi ma sulla comunità e sull’ambiente), nella libertà (non solo individuale ma della comunità, dei popoli e delle nazioni) e in relazione all’ambiente (quindi nel chiederci dove sono i confini).

Alla fine della serata e dei vari stimoli dati c’è stata la possibilità di entrare in dialogo con il relatore.

 

CURA DELLA CASA COMUNE

DIARIO DI BORDO
Superato il “Fiume delle mille impronte” una vasta pianura, infinita a i vostri occhi:
lunghi giorni di marcia vi aspettano,
tanto tempo per riflettere sulle scelte fatte, sulle strade scelte e sui futuri passi.

 

L’Enciclica “Laudato Sii” di Papa Francesco viene spesso definita come l’enciclica sull’ecologia integrale e sulla cura della casa comune, due concetti talmente ampi da non poter essere limitati ai soli aspetti ecologici e legati alla salvaguardia e alla salubrità dell’ambiente inteso in senso stretto. Fermamente il Papa si riferisce contemporaneamente agli aspetti ambientale, economico e sociale, che non possono essere separati in una visione globale onesta e costruttiva.

La terra è la nostra casa comune: è come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia; “Casa” ci richiama deliberatamente ad un contesto famigliare; il termine “Comune” è il termine aggiunto per dire che è un bene al di sopra del bene, è un dono che non ci appartiene e come tale va custodito, per essere consegnato alle generazioni future.

Sotto gli occhi e i silenzi complici di tutti, questa nostra Casa Comune è stata finora sfruttata, maltrattata ed asservita a logiche di potere e controllo (contrarie al senso di cura e del bene comune), intanto che noi siamo stati capaci – al più – di criticare, analizzare e teorizzare, senza muoverci né prendere iniziative in modo responsabile.

“…la terra è essenzialmente una eredità comune, i cui frutti devono andare a beneficio di tutti. (LAUDATO SI’ n°93)

…Il ricco e il povero hanno uguale dignità (LAUDATO SI’ n°94)

Ogni anno scompaiono migliaia di specie vegetali e animali che non potremo più conoscere, che i nostri figli non potranno vedere, perse per sempre. (LAUDATO SI’ n°33)

…L’ambiente è un bene collettivo, patrimonio di tutta l’umanità e responsabilità di tutti. (LAUDATO SI’ n°95)”.

 

Adesso però non c’è più tempo: serve quindi una presa di posizione a livello globale: servono battiti sinceri e onesti, unitamente ad una presa di responsabilità di politica, economia e finanza a livello internazionale e locale. E noi, ognuno di noi, siamo i primi ad essere chiamati in causa e a doverci sentire coinvolti e rimboccare subito le maniche.

Partendo da questo spunto, la successiva tappa de La Cerca dei 100 giorni ci ha costretti a ri-pensare i nostri stili di vita e le nostre abitudini, per ridurre un po’ la significativa impronta che abbiamo visto ognuno di noi lascia sulla Terra, anche a discapito degli altri. Abbiamo quindi provato in modo attivo e giocandoci in prima persona a identificare alcune azioni (le più importanti, significative, effettive o realizzabili!) che compongono la nostra quotidianità, che potremmo fare in modo diverso, più sostenibile e meno impattante, e – questo è il bello!- senza grandi sforzi, solo pensandoci e modificando le nostre abitudini!!!

I decaloghi di “migliori” azioni prodotti sono stati davvero stimolanti e una fonte di ispirazione, e hanno riguardato tanti ambiti: l’utilizzo dell’acqua, il risparmio energetico, lo spreco alimentare, le abitudini in ufficio, la scelta dei mezzi di trasporto (anche i nostri muscoli ne fanno parte! 😉), i consigli per gli acquisti, e perfino le app e le piattaforme che ci possono aiutare in questi impegni! Ora che non abbiamo più la scusa di non saperlo o non averci pensato non ci resta che iniziare a mettere in azione queste buone pratiche. Perché… se non ora, quando?

LO SGUARDO (D)ALLE PERIFERIE, LA CULTURA DELLO SCARTO - Incontro testimonianza

Quando qualcuno parla di sé, della propria vita, chi ascolta non può rimanerne indifferente. Oggi ci mettiamo in ascolto della testimonianza di Alberto Diantini (geografo naturalista attualmente ricercatore in geografia all’università di Padova): di ciò che ha visto durante la sua ricerca di dottorato.

Alberto nella sua disponibilità a raccontarsi manifesta e ci ha fatto vedere come non si sia soffermato solo sul desiderio che custodiva dentro di sé ma si sia giocato concretamente raggiungendo le popolazioni che abitano nella foresta dell’Equador. Ci racconta come nel suo andare sia emersa una mancata attenzione su quella che è la casa comune che è il nostro mondo. Il suo raccontarsi ha la finalità di creare dei processi nuovi nei cuori di chi lo ascolta, in noi.

Il suo recarsi in quelle terre lontane aveva la finalità di studiare gli impatti ambientali e sociali delle attività petrolifere. Come ricercatore gli interessava sia conoscere la natura del territorio ma soprattutto la relazione tra uomo e ambiente che è anche il nocciolo della geografia. Gli impatti ambientali delle estrazioni petrolifere, ci racconta, sono davvero notevoli:

  • deforestazione per l’oleodotto che trasporta il crudo del petrolio alle centrali del trattamento,
  • la combustione del gas che è associato all’estrazione del petrolio, rilascia nell’aria composti gassosi molto tossici sia per gli animali che per le persone del territorio,
  • sversamenti di petrolio che inquinano di conseguenza i fiumi, le falde acquifere contaminando il terreno,
  • impatti sulle persone causando dermatiti per contatto,
  • impatti culturali…dove gli indigeni vengono introdotti in nuove società comandate dal denaro…

Ci racconta inoltre del suo girare per alcuni villaggi e dell’entrare in relazione con le popolazioni in loco grazie al supporto degli studenti indigeni. Assieme a loro, la sua ricerca si è molto arricchita perché il loro parlare la lingua locale ha coinvolto anche le persone del luogo le quali si sono sentite coinvolte nel progetto. Grazie a questa bella collaborazione la ricerca ha permesso ad Alberto di conoscere molte cose e aspetti mettendosi in relazione sia con le comunità, rispettando le loro norme culturali, sia con gli anziani che sono la memoria storica del territorio.

Di molte altre cose Alberto ci ha raccontato, di cui – tramite il video che trovate nel link qui sotto – desideriamo farvi partecipi affinché tutti possiamo essere responsabili, nel nostro piccolo, della stessa casa in cui abitiamo, il mondo.

NESSUNO SI SALVA DA SOLO

DIARIO DI BORDO
Alla connessione di due calmi affluenti di un placido e largo fiume, un ponte connette una riva ad un’altra.
Quando lo superate la consapevolezza che il vostro viaggio sta per finire.
Un bel sentiero di montagna ora vi porta, seguendo il fondo valle, ad attraversare picchi e vette, un forte eco fa risuonare le vostre parole…e quelle di altri, pezzi di storie o di un’unica storia che si confondono rimbalzando da una roccia ad un’altra…ascoltate!

L’enciclica Laudato Sì di Papa Francesco è un invito a cambiare sguardo, prospettiva. Il nostro percorso è iniziato avvicinandosi e guardando più da vicino la crisi che caratterizza il nostro presente: una crisi ecologica, ambientale e sociale. Abbiamo visto che questioni come l’inquinamento, l’importanza dell’acqua, la perdita di biodiversità, il deterioramento della qualità della vita dell’uomo e l’iniquità sociale riguardano tutti noi. La proposta che ci viene fatta consiste nell’allargare lo sguardo: partire dal proprio piccolo, dalla propria città, per arrivare al pianeta che abitiamo, a chi mi sta accanto, a chi vive dall’altra parte del mondo e a chi arriverà nel mondo dopo di me.

Suolo, acqua, montagne, tutto è una carezza di Dio. (LAUDATO SI’ n°84)

Tutto è in relazione, e tutti noi essere umani siamo uniti come fratelli e sorelle in un meraviglioso pellegrinaggio, legati dall’amore che Dio ha per ciascuna delle sue creature… (LAUDATO SI’ n°92)

Una maggiore scarsità di acqua provocherà l’aumento del costo degli alimenti e di vari prodotti che dipendono dal suo uso. (LAUDATO SI’ n°31)

 

L’idea attorno alla quale si sviluppa l’enciclica di Papa Francesco è l’ecologia integrale, intesa come ambientale, economica e sociale: un approccio nuovo, che guarda alla casa comune e all’essere umano in modo olistico, coinvolgendo tutte le loro diverse dimensioni. In questa logica, l’uomo è parte integrante della natura e dell’ambiente. Ecologia integrale, appunto, e non più frammentata, seguendo la linea del prevenire piuttosto che curare, perché cercare unicamente il rimedio vuol dire separare ciò che nella realtà è un tutt’uno.

Il progetto del Papa nasce dal desiderio di unire la famiglia umana attraverso il confronto, per ricercare uno sviluppo sostenibile e integrale, dove tutti noi, “come fratelli e sorelle in un meraviglioso pellegrinaggio”, siamo chiamati a vivere come protagonisti di questo cambiamento, a prenderci cura gli uni degli altri e della casa comune, a cambiare prospettiva e a dare una direzione al nostro stile di vita, perché “non ci sarà una nuova relazione con la natura senza un essere umano nuovo” (LAUDATO SI’ n°118). Va da sé che la relazione con l’ambiente non può essere considerata a prescindere da quella con le altre persone e con Dio. Noi siamo in una comunione universale con i fratelli e tutte le creature. All’interno di questa unione, siamo tutti partecipi e non possiamo più vivere nell’indifferenza, negando il problema. Tutto questo comporta un’uscita dall’individualismo mettendo al centro la crescita della persona e non solo i nostri progetti. Significa lasciarci provocare dalla domanda: cosa è importante per me e per la casa comune?

 

 

L’intenzione di Papa Francesco è ben lontana dal voler dare un set preconfezionato di risposte e soluzioni. Il desiderio di fondo è quello di dare degli strumenti, di dare il via a nuovi processi, in modo che ciascuno possa mettere in atto delle piccole rivoluzioni quotidiane, agendo da fratello/sorella e da custode, per chi ci sta accanto adesso e per chi verrà.

In questa ultima tappa de La Cerca dei 100 Giorni è stato chiesto ai partecipanti di scrivere insieme un’unica storia, partendo da un paragrafo introduttivo scritto dall’Equipe. Lo scopo è quello di sentirsi connessi gli un agli altri, scrivendo ognuno il suo pezzo di storia, rimanendo aderenti e rispettando la trama sviluppata, e avendo cura non solo di inserire nello scritto la parola scelta dalla squadra precedente, ma anche di lasciarne una per la squadra successiva.

Una storia di cui tutti siamo stati autori e destinatari e in cui abbiamo avuto cura di ciò che abbiamo ricevuto e lasciato in eredità.

UNA STORIA. 100 GIORNI

Era una bella giornata quando la Bambina, dagli abiti candidi e dai capelli legati in una lunga coda, si fermò davanti alla porta che per tanti giorni era stata l’oggetto del suo sogno. Nel sogno lei era scalza, ora aveva delle belle scarpette di vernice che la nonna le aveva regalato per il compleanno, si chiedeva se avrebbe fatto la differenza, se questo piccolo dettaglio avrebbe compromesso quello, che nel suo sogno, accadeva quando la porta si apriva. Buttò nel profondo questo pensiero, appoggiò la mano sulla maniglia e spinse. Un’ondata di calore la colpì improvvisamente, l’aria era densa e irrespirabile, una nebbia fitta e acre l’avvolse, impedendole di tenere gli occhi aperti, vi riuscì solo a fatica.

Dov’erano finiti i verdi campi, l’azzurro cielo e i vermigli fiori che animavano i suoi sogni? Mucchi di rifiuti a perdita d’occhio, tutto era triste e desolato, ricoperto com’era da quella innaturale foschia. Regnava uno strano silenzio, i rumori erano ovattati, si percepiva solamente il tintinnio di qualche rottame che cadeva dalla cima del mucchio. La Bambina non riuscì a muovere un passo, impaurita da quell’agghiacciante spettacolo. Ad un tratto le parve che la sporcizia addirittura si muovesse, che fosse viva. Da un mucchio di logori stracci vide muoversi verso di lei la sagoma di un leone, eppure non ebbe paura, anzi, sembrò tranquillizzarsi, di tutto quello che aveva visto finora quel malconcio felino le sembrò la cosa più rassicurante. Il Leone la raggiunse e dopo aver annusato le sue scarpette di vernice, le leccò affettuosamente la mano e iniziò a parlare.

“Ti stavo aspettando. Il consiglio degli animali sapeva che un giorno saresti arrivata. Il segno sarebbero state le scarpette di vernice.” “Non capisco.. Dove siamo? Cos’è questo posto? E tu chi sei?” “Non lo riconosci? Questa è la Terra, il pianeta dove sei nata, appena prima che gli uomini la abbandonassero. Dopo averne sfruttato ogni risorsa naturale fino all’esaurimento, averla asfissiata con l’immissione di tanto gas serra che le piante non erano ormai più in grado di assorbirlo, averne avvelenato le acque e le terre riempiendole di scarti e di concimi chimici, l’hanno abbandonata così, esausta e oppressa da cumuli di rifiuti eterni. Con lei hanno abbandonato anche noi animali, dopo averci gonfiati di antibiotici, macellati e divorati o, al contrario, averci definiti ‘i migliori amici dell’uomo’.

Ebbene, non ci stavamo sui loro veicoli spaziali e, per quanto utili o fedeli, ci hanno lasciati qui, senza speranza”. “Ma io per quale motivo sono qui?” chiese la Bambina incuriosita dai racconti del Leone. “Cara Aniet, tu sei l’ultima nata sulla Terra prima che gli umani abbandonassero il pianeta. Sei l’unica che può aiutarci, non hai sfruttato nulla qui, non hai alcuna colpa. Abbiamo riposto in te l’ultima speranza di Salvezza!” “Non capisco, sono solo una bambina… come posso aiutarvi?”. Aniet si guardò intorno smarrita, piena di domande, e si sedette sconsolata. Guardando le sue scarpette di vernice, vide spuntare da sotto un filo verde. Così chiese:”Ma che cos’è questo?” “Un filo d’erba” rispose il leone” “Tu sei qui proprio per questo: far sì che questo filo d’erba non sia più solo, ma che presto tutta la terra venga nuovamente ricoperta di verdi prati rigogliosi”

3. UNA STORIA. 100 GIORNI

Aniet prese coraggio e strofinò il filo d’erba sulle scarpette di vernice: notò una lettera. Ma subito dopo i fili d’erba cominciarono a moltiplicarsi fino a formare la parola DPCM. “Ma cosa significa questa strana parola? dpcm… dpcm…” pensò Aniet. Il leone vide la sua espressione incuriosita e proruppe: “Sei sulla strada giusta! DPCM vuol dire: Dove Puoi Cambiare il Mondo?” Aniet si guardò intorno e con aria decisa esclamò: “Inizierò proprio da questi fili d’erba, li pianteró proprio in quel terreno arido.” Aniet salì sul collo del leone e disse: “Amico mio, facciamo rinascere insieme la nostra Terra! Accompagnami al di là della collina a prendere dell’acqua e del concime”. Fatto questo, ritornarono indietro e si misero al lavoro. Poi, esausti, si addormentarono. Aniet pensó “Chissà cosa troverò al mio risveglio?”.

La Mattina Aniet si destò dal sonno, aprì gli occhi che furono subito chiusi da una piccola gocciolina che cadeva dal filo d’erba che era già cresciuto e vicino al quale si era addormentata. Cosi guardò i piccoli fili d’erba e su di essi tante altre goccioline in cui specchiarsi. Alle sue spalle il Leone già in piedi, sull’attenti, pronto a prendere ordini e proteggere la piccola Bimba. Nella Zolletta di terrà sotto il filo d’erba c’era un piccolo Vermino che esclamò, “Buongiorno Aniet” la bimba turbata disse: “Anche tu parli?” “si certo, mi capisci, perchè entrambe parliamo il linguaggio del cuore.” La Bimba gli domandò “come mai sei qui in giro?” e il Vermino: “ho sentito l’odore del concime sono stato attratto e con tutta la famiglia siamo venuti a vedere di cosa si trattasse.” Intanto nella ricerca abbiamo creato tanti piccoli tunnel e alimentato il terreno, che per certo gioverà ai fili d’Erba e alle altre specie che si pianteranno ma devi sapere una cosa, esiste qui vicino un Monte chiamato “Monte Unicorno” dove potrai….” la piccola Aniet rispose:

4. UNA STORIA. 100 GIORNI

col nastro sfilato da un abito cucì il maglione nei buchi per tenerlo assieme e camminarono al ruscello….. Lì bagnò e strofinò per bene il suo amico con la spugna improvvisata, liberandolo dai parassiti. Più Aniet lavava Leone, più il ruscello sembrava perdere la sporcizia che impregnava le sue acque. “Che succede?” chiese la bambina stupita da quel cambiamento improvviso. “Credo che tu stia iniziando a capire come portare a termine la tua missione” disse Leone. Aniet continuò a guardare perplessa prima l’acqua e poi il suo amico peloso, ancora senza capire. Leone, intuendo la difficoltà della bambina, iniziò a spiegare: “Prendersi cura dell’ambiente è ciò che la tua gente ha dimenticato. E’ come attraversare un fiume: per poterlo fare hai bisogno di una corda, di una barca e di qualcuno che la guidi. Queste tre cose sono connesse, essenziali per poter arrivare dall’altra parte.

Così funziona il mondo, se tu ti occupi e ti preoccupi degli altri, e della Terra, da qualche parte, il tuo gesto avrà una risonanza. Tu SEI il traghettatore Aniet, le due rive sono la Terra e l’Umanità. La tua missione è cambiare l’umanità e insegnarle a stare in armonia con la Terra.” Aniet lo guardò e gli disse: “Credo di aver capito!”. “Ora che i tuoi occhi si sono aperti devi tornare sul monte Unicorno: lì troverai un’Arca che ti permetterà di viaggiare tra le stelle per raggiungere la tua gente!” Pian piano si arrampicò sulla cima del monte Unicorno e arrivata sulla vetta trovò l’arca di cui gli aveva parlato Leone. Entrò nell’Arca e dopo essersi guardata intorno trovò un piccolo armadio un po’ sgangherato. Subito si chiese: “cosa ci sarà qui dentro? “. Aperta l’anta vi trovò affisso un poster, di una piccola bambina.

5. UNA STORIA. 100 GIORNI

Sul poster c’era scritto Greta e una sua frase: “Siete rimasti senza scuse e noi siamo rimasti senza più tempo”.
Guardando il cielo vide la volta piena di stelle belle e luminose come non le aveva mai viste e riscoprì dentro di sé la voglia di incontrare gli altri bambini.
Ripescò questo desiderio dal profondo del suo cuore come se lo avesse avuto sempre dentro di sé e più guardava le stelle e più desiderava raggiungerle.
In men che non si dica l’arca inizio a muoversi sempre a più gran velocità verso le stelle: il suo desiderio era il carburante che avevo messo in moto l’Arca.
Le stelle divennero sempre più grandi e la loro luce sempre più luminosa fino ad avvolgerla.
All’improvviso si ridestò dal sonno e si ritrovò sdraiata su un bel prato verde. Sentì un vociare e alzandosi vide tanti bambini che giocavano e correvano intorno a sé.

Aniet realizzò che era stato un sogno e il vociare intorno a sé erano i compagni di scuola in giardino.
Cercò la sua migliore amica Alice e le raccontò preoccupata il sogno e la missione lasciata da Leone:
“salvare il mondo? Sono solo una bambina!”.
Alice la rassicurò: “si, siamo solo bambini e forse non abbiamo esperienza del Mondo, ma possiamo imparare dal tuo sogno. Se tutti noi facciamo piccoli gesti concreti avremo grandi gesti per salvare il mondo. Ricordati le parole della nostra canzone preferita: ovunque siamo combatteremo, un’altra storia sarà possibile”.
Così le due amiche decisero di appendere nelle classi manifesti con 10 piccole buone azioni quotidiane da seguire e diedero dei manifesti anche agli amici per applicare quelle regole a casa.
Ma all’improvviso Aniet si rattristò…

6. UNA STORIA. 100 GIORNI

lo sguardo fisso sulle scarpette: “Alice, se non seguono tutti queste regole, non cambierà nulla, e avremmo fatto questo per niente” Alice concordò con lei ma entrambe non vollero arrendersi. Sfogliando delle riviste di ecologia per trovare nuovi modi di sensibilizzare, videro la stessa pagina che Aniet aveva visto nell’armadio con la foto di Greta. Improvvisamente disse: “ho già visto questo poster da qualche parte…. Certo, nell’armadio! Se lo appendessimo nel nostro, usando la parola magica DPCM, forse potremmo tornare da Leone e farci aiutare da lui, é cosí saggio!”. E così fecero, ritrovandosi in un vortice di luce, stelle e tappi di bottiglia atterrando su un cumulo di immondizia nauseabondo. Leone venne incontro alle due amiche scodinzolando dalla gioia.

Loro raccontarono propositi e preoccupazioni al punto che l’amico si commosse della loro tenacia e entusiasmo. Disse: “Avrete sempre la nostra riconoscenza! Il nostro mondo vi sarà per sempre debitore”. Proprio su quelle parole il cielo si oscurò e un terribile fetore si espanse nell’aria, un grido stridulo li raggiunse. Presi dal timore Alice e Aniet si domandarono che cosa fosse e si nascosero dietro il Saggio Leone. Il fetore era tale da togliere il fiato. Allora Leone raccolse con il suo artiglio la spugna con cui Aniet si prese cura delle sue ferite per far respirare le bambine. Aniet scoppiò a piangere e una lacrima cadde sulle sue scarpette rosse e sul terreno contaminato. Leone disse: “L’unico modo per fermare il declino del mondo è incanalare amore dei bambini e diffonderlo nel mondo malato”. Dal terreno uscì Vermino con una stana boccetta e si mise a raccoglie le lacrime di Aniet. “Prima di diventare egoisti e inquinare il mondo con ogni sorta di rifiuto, gli umani usavano un siero contro questi virus. Il suo nome è vaccino” disse Vermino. Prendendo tra le braccia le due bambine il leone proseguì:

7. UNA STORIA. 100 GIORNI

“Vedete, è necessario che il vostro cuore, coraggioso come quello dei draghi, parli con ardore come avete imparato a fare qui.” Detto questo, raccolse la boccetta con le lacrime e ne versò il contenuto nel fiume, il quale da unico che era si diramò andando a bagnare e risanare ogni angolo di quella terra così compromessa. Le bambine, incantate da quanto accadeva intorno a loro, si chinarono per toccare l’erba verde sotto i loro piedi. Ma nello sfiorare con le dita quel tappeto un vento le sospinse e si ritrovarono improvvisamente catapultate fuori dall’armadio. Alice, colma di gioia e di rinnovato entusiasmo, si rivolse ad Aniet ed esclamò: “Abbiamo la soluzione!”

“Ma come abbiamo fatto a non pensarci prima? Qualcosa ci ha cambiate, non possiamo dimenticarlo! Allora scriviamolo! Scriviamo quello che ci è successo e tutti sapranno che la Terra può ancora essere guarita, che un cambiamento è possibile” disse la Bambina, mentre si spazzolava i vestiti ancora sconvolti dal viaggio siderale. Alice restò un attimo in silenzio, con le mani cercava ancora l’armadio per tenersi in piedi; l’idea le sembrò chiara e luminosa come certe scintille che partono dal caminetto di sera, e hanno il colore vivo del fuoco anche se è notte e tutto tace. “Ci è stato detto di parlare con verità e con il cuore, lo faremo scrivendo -disse – forse sarà difficile e molti non ci ascolteranno ma se non ci proviamo nemmeno, non sapremo mai se questa è la strada per salvare la Terra. Mettiamoci subito all’opera…” Aniet guardò seria la sua amica come se un pensiero importante le stesse frullando nella testa, poi cominciò a parlare:

8. UNA STORIA. 100 GIORNI

“Sai Alice, credo che parlare al cuore e con il cuore sia la cosa più importante, non dobbiamo scrivere come i giornalisti che urlano le loro idee senza ascoltare le opinioni degli altri, alla ricerca dello scoop e non della verità. Dobbiamo parlare in modo semplice. Adesso che ci penso sai qual è il regalo più grande della mia nonna? Non sono queste scarpette ma il racconto e la memoria. Tutte le sere lei mi raccontava una storia, storie incredibili di bambini coraggiosi, di ideali e di valori, cose per cui vale la pena lottare. Credo che dovremmo scrivere una favole, che i bambini possano raccontare ai loro grandi. Il titolo della fiaba sarà DPCM. Questo racconto alimenterà il fuoco del cambiamento. Inizierà così: sul Monte Unicorno, l’eremita Greta… Sul monte Unicorno, l’eremita Greta guarda il cielo nuvoloso e al primo tuono inizia ad urlare: ” Perché qui la vita non esiste più? “. Silenzio. Capisce così che il mondo non ha risposte.

Quando decise di vivere in solitudine, l’ambiente era il suo rifugio preferito: il punto più alto per pregare, i prati silenziosi per meditare ed il ruscello fonte di vita. Ora tutto cambiato. E così Greta si reca al ruscello dove è convinta che sia il luogo ideale per rinascere. Vaga a lungo, quando qualcosa attira la sua attenzione. Nascosta tra i massi ,come per proteggersi, c è una piccola piantina. Prendendosene cura diventa una bella pianta con un frutto: un kiwi. Per Greta é il segno della rinascita. Apre il frutto e con pazienza infinita separa tutti i semini neri ed inizia a piantarli dando ad ognuno di loro un nome. Se Greta ha mai imparato qualcosa (è pur sempre molto giovane) è che c’è una cosa che accomuna l’acqua e l’amore: se è troppo travolge, se è goccia diventa vita. Quindi ogni giorno, costante, speranzosa, a volte entusiasta e a volte determinata, va a controllare i suoi semini annaffiandoli con cura….

9. UNA STORIA. 100 GIORNI

Passa un giorno, ne passan due, goccia a goccia, un po’ di amore alla volta i semini scompaiono e spuntano piante nuove. Pensa, Greta, che un giorno quelle piantine cresceranno fino al cielo e formeranno una foresta rigogliosa. Una delle piantine, quella più verde di tutte, che aveva chiamato Gruna, un bel giorno regala il primo frutto della nuova raccolta: è un kiwi strano, color cremisi come certe bacche del sottobosco. Greta non sa se coglierlo o se aspettare per vedere cosa succederà Aniet e Alice erano smarrite, il dubbio era in loro. “E ora?”

“So io cosa succede” rispose Alice, prese così la penna e continuò la storia…. Greta vide che quel frutto strano era gradevole allo sguardo e desiderabile e le ricordò di quando molto tempo addietro poteva ancora gustare i frutti della terra con la sua famiglia. Presa da questo ricordo agguantò il frutto e lo mangiò. Le si sciolse in bocca, era dolce, il succo pareva miele e la polpa era succulenta. Ma quanto rapidamente lo divorò tanto velocemente ne perse il sapore.

10. UNA STORIA. 100 GIORNI

Si ritrovò con le mani e la bocca vuote ma con la mente ancora piena di ciò che le aveva donato il frutto color cremisi. Alzati gli occhi, vide maturare intorno a sè altri frutti. E ad un certo punto, come per magia, un agnellino apparì e le chiese: “Li vuoi quei kiwi?!” Rispose: “Sì, li voglio” Alice ed Aniet alzarono i loro occhi dal foglio e li fissarono l’una dentro quelli dell’altra; un fuoco li abitava. “E’ la passione!” esclamò Aniet. “Cosa?” domandò Alice perplessa.

E’ la passione che fa germogliare i fiori del futuro che a loro tempo portano i frutti del nuovo presente!” esclamò l’amica. “Ora è così chiaro! Abbiamo scoperto il segreto del DPCM: amare appassionatamente il piccolo seme che ogni giorno si fa largo per crescere!”. Era giunto il momento di consegnare la storia al suo avvenire. Lasciato il foglio sul prato dove si erano sedute le bambine si allontanarono finalmente felici. E sulla brezza della sera che calava le loro parole leggere come una piuma si alzarono in volo.